Serie C, la sfida tra allievo e maestro accende i play-off

Entrano nel curvone finale i play-off di Serie C. Il tabellone propone da una parte l’inedita sfida tra Lecco e Cesena, dall’altra un incontro denso di storia: Foggia-Pescara. Del resto queste partite sono una sorprendente scatola dei ricordi, uno di quei rimasugli da trasloco che all’improvviso ricapitano sotto gli occhi nel momento in cui le difese emotive sono un po’ più basse del normale e ci si ritrova a pensare a ciò che si è stati, a quanto si è sofferto, a quanto ci si è divertiti. Delio Rossi contro Zdenek Zeman, allievo contro maestro.

Il primo incontro tra i due risale all’estate del 1986, con Delio già da diverse stagioni in rossonero e Zeman appena approdato a Foggia dopo gli anni ruggenti di Licata. Tecnico rampante e veterano, insieme per parlare di calcio, per insegnare e imparare, per fumare qualche sigaretta insieme con il tramonto sullo sfondo. Il tempo ha rigato il viso di entrambi, le rughe tipiche di chi ha dovuto soffrire per raggiungere ogni obiettivo. Mentre Zdenek si manifestava al mondo come architetto di Zemanlandia all’inizio degli anni Novanta, Delio prendeva appunti alla guida della Primavera foggiana. Da lì in avanti, le due carriere hanno preso a incastrarsi, sovrapponibili per larghi tratti, sempre alla ricerca della bellezza, ognuno a modo proprio.

LA CRONISTORIA

Rossi iniziava a camminare da solo a Salerno, lì dove Zeman avrebbe predicato più avanti; quindi passava da Foggia e da Pescara, mete predilette di due anime vaganti e vagabonde. Il secondo posto del boemo alla guida della Lazio 1994-95 rimane il punto più alto della parabola zemaniana, numeri alla mano. E allora forse non è un caso che la Roma biancoceleste abbia accolto, dieci anni dopo, proprio Delio Rossi, il primo a potersi concedere il lusso di instaurare un ciclo agli ordini di Claudio Lotito. A tratti bellissima, la Lazio di Rossi, capace di issarsi al terzo posto nel bizzarro campionato post Calciopoli e di mettere in bacheca la Coppa Italia del 2009, ultimo atto di un quadriennio ricco di soddisfazioni. Prima di andare a Roma, aveva lasciato in mano al suo vecchio maestro il Lecce: Zeman era tornato a divertirsi dopo anni di oblio, lanciando i vari Bojinov e Vucinic. Dopo la Lazio, Rossi aveva continuato a sognare a Palermo, dove era iniziata l’avventura italiana di Zeman a metà degli anni Settanta, riuscendo a resistere alle mareggiate di Zamparini fino a una rovinosa sconfitta con l’Udinese che aveva dato il là al classico esonero a tempo: cacciato e richiamato.

DAL CAPOLINEA ALLA STAZIONE

E mentre Delio iniziava a faticare, incappando a Firenze nell’increscioso duello rusticano con Ljajic, Zeman conosceva le meraviglie di Pescara, trampolino di rilancio dopo la sua terza incarnazione foggiana: in rossonero aveva già saggiato le qualità di Lorenzo Insigne e aveva deciso di portarlo con sé anche in riva all’Adriatico, in un tridente sublime con capitan Sansovini e Ciro Immobile, tutti innescati dalle geometrie di un giovanissimo Verratti. Poi, dopo il deludente ritorno a Roma, per la seconda parentesi in giallorosso, si era scoperto, come l’allievo, stanco e distante da un calcio che continuava a cambiare. D’un tratto, senza che ce ne fossero i segnali, qualcuno ha tirato fuori dall’armadio una scatola dei ricordi. Delio a Foggia, Zdenek a Pescara: avremmo potuto trovarli a panchine invertite, oppure a Roma, a Palermo, a Salerno, a Lecce. Si giocheranno tutto in due partite, in palio c’è un posto in finale. E una sigaretta da fumare a notte fonda, guardando il mare, pensando a chissà cosa.

FONTE: Il Foglio